L’Italia e il Design: L’Italia rappresenta, in maniera inconfutabile, la culla del design, e Milano il suo fulcro. Legata ad un’importante tradizione artigianale secolare, sinonimo di qualità, stile ed eleganza. La prima impostante stagione del design italiano è strettamente legata al boom industriale. Non a caso i committenti più influenti erano i grandi brand come l’Olivetti e la Fiat. Quelle figure iconiche, che oggi chiamiamo Maestri, ovvero Castiglioni, Mendini, Sottsass, Magistretti, Zanuso hanno influenzato non solo l’approccio al disegno dell’oggetto in Italia, ma hanno creato le fondamenta dell’attuale movimento internazionale. Una seconda generazione è guidata da Mario Bellini e Michele De Lucchi. Con lo svilupparsi dei trasporti intercontinentali, di internet e della comunicazione globale in generale, oggi il progettista attinge da movimenti culturali di paesi lontani, li reinterpreta sapientemente miscelandoli al bagaglio culturale tramandato dalla tradizione dell’italian design.

Giuseppe Bavuso

Architetto e designer, dal tratto rigoroso, esteta della linea pura, perfetta. La ricerca maniacale per la leggerezza è legata alla sua grande abilità di legare insieme con stile ed eleganza materiali differenti, con l’importante aiuto della tecnologia e dell’ingegneria applicata. Oggi è Art Director per Ernestomeda e Rimadesio.

Ha ricevuto diversi premi, il Red Dot Award per il sistema di cucine Icon per Ernesto Meda, KBB Review New Year’s Honor-List For 2000 per il sistema di librerie e cabine armadio “Zenit” per Rimadesio e selezionato per il Compasso D’Oro per la porta Vela, sempre della stessa azienda.

È proprio con Rimadesio che Bavuso ha potuto evolversi ed esprimere tutto il suo potenziale creativo, partendo dalla progettazione di infissi interni, all’insegna della leggerezza, della pulizia visiva e della grande ricerca tecnologica. Con la stessa coerenza di linguaggio, spazia dalla progettazione di cabine armadio alle librerie, dalle madie ai tavoli, sfruttando al massimo le caratteristiche dell’alluminio, in dialogo con il vetro, marmi e legni.

“Mi piace pensare di riuscire a soddisfare tutte quelle persone che amano la razionalità e la funzionalità dei luoghi senza rinunciare all’anima delle cose. Con le mie collezioni cerco di rivolgermi ad un pubblico dal gusto contemporaneo e raffinato, che desidera un ambiente molto curato, dove il lusso è da vivere e non da ostentare.”

Mario Bellini

Architetto e designer, inizia la sua carriera come consulente per l’Olivetti. È stato direttore del design presso La Rinascente, presidente ADI, direttore della rivista Domus. Con Cassina realizza nel 1972 Kar-a-sutra, precursore delle moderne monovolume. Negli anni 80 si dedica soprattutto all’architettura, fino ad arrivare a vincere il concorso per l’ala islamica all’interno del Louvre.

Ha ricevuto otto volte il Compasso d’Oro, diversi riconoscimenti internazionali, tra cui la Medaglia d’oro assegnata dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi per la diffusione del design e dell’architettura nel mondo e la Medaglia d’oro all’architettura italiana (premio alla carriera, 2015). Ben 25 delle sue opere fanno parte della collezione permanente del MoMA di New York.

“ I premi hanno un effetto collaterale: ti tengono sveglio, attivo e ti fanno venire voglia di riceverne altri. Ti spingono a nuove sfide. Sempre che tu sia curioso e posseduto da quel demone della creatività che può tutto. Posso dire di essere ancora ferocemente curioso e posseduto”

Il sodalizio con Cassina è duraturo e ricco di soddisfazioni per entrambi. Diversi progetti sono ancora oggi tra i più venduti, come ad esempio la seduta Cab, realizzata da un’anima di acciaio rivestita in modo innovativo e sartoriale da un “vestito” di cuoio.
Recentemente è stata rieditata la poltrona MB1 Quartet, progetto degli anni ’60, dove l’imbottitura diventa un elemento di arredo, quattro cuscini indipendenti vengono collegati tra loro mediante una cintura passante.

Ama le sfide, e quella della plastica lo stimola. Per Kartell disegna i vassoi Dune, un successo di vendita enorme e lo Shanghai, un vaso sfaccettato che si apre dalla base alla sommità come spinto da un movimento vorticoso, che gli dona luce e grinta.

Francesco Binfarè

Francesco Binfarè è uno dei più grandi conoscitori e progettisti di imbottiti. Per 13 anni è stato direttore del centro ricerca di Cassina, coordinatore della mostra più importante sul design italiano, New Domestic Landscape al Moma nel 1972.

“Il divano sarà l’ultimo oggetto a restare in casa, quando tutto sarà digitalizzato, grazie al suo rapporto con il corpo. Deve accogliere, va sentito prima che guardato”

Negli anni 60, l’introduzione del poliuretano regala libertà formale agli imbottiti, si plasma prendendo le forme più sorprendenti, associato ad un grande confort. La ricerca va avanti ed il designer, con Edra, introduce un nuovo materiale ancor più performante, il Gellyfoam.

“La cosa più misteriosa resta la forma da dare all’idea. Da 25 anni condivido il mistero con Edra, il brand toscano della famiglia Mazzei. Per loro progetto disegnando a mano libera. Il best seller è il mio Flap (2000): nato da un sogno, sviluppa la comodità orizzontale. Lo schienale mobile stilizza una foglia di fico. Grande Soffice è l’ultimo: super soft per pigri come me, è un divano che ti abbraccia in un periodo storico faticoso”

Sulla collezione di imbottiti On The Rocks, altro grande successo internazionale dell’azienda toscana:

“Questo progetto nacque osservando la gente che andava al mare e si sedeva sulle spiagge, specie della Puglia dove io andavo, che sono molto rocciose. Io non capivo come la gente potesse stare anche molte ore seduto su degli asciugamani, anche in pose strane. In quel periodo, arrivo Valerio Mazzei, il titolare di Edra, che mi mostro un materiale che consentiva di fare delle sedute, che io ho interpretato come eustatiche. Un materiale che anche indipendentemente dal baricentro e dall’inclinazione del corpo è capace di assecondare una certa staticità così, paradossalmente rievocai il modo di sedersi sulle rocce”

Porta avanti questa ricerca, che viene estremizzata nel divano Pack, un volume scultoreo, scenografico, che raffigura un orso rannicchiato su una lastra irregolare di ghiaccio. L’animale diventa morbido schienale mobile rivestito in pelliccia ecologica e pelle rovesciata antiscivolo sul fondo. C’è una grande cura dei particolari, specialmente per la trama del tessuto scelto e la posizione prismatica delle cuciture.

Gabriele Centazzo

Designer visionario, imprenditore cofondatore di Valcucine, Gabriele Centazzo ha da sempre avuto grande sensibilità per i temi ambientali, e la madre terra è stata sempre un importante stimolo progettuale. Secondo le logiche di un’economia circolare, i prodotti vanno pensati anche in un’ottica di disutilità e successivo riutilizzo, per non determinare rifiuti. Sostenibilità intesa come dematerializzazione, riciclo, riduzione delle emissioni tossiche. Le cucine da lui progettate si avvalgono di avanzata ricerca tecnica, ingegneristica e stilistica, con il supporto di materiali idonei ed innovativi per il settore, come il vetro e l’alluminio. Presenta così Artematica Invitrum:

“È il modello che per primo al mondo propone fusti in vetro e in alluminio composti come un meccano, completamente disassemblabili meccanicamente, con zero uso di colle e quindi con il vantaggio di emettere zero formaldeide”.

Non perde di vista il tema della bellezza. Le cucine devono essere “senza tempo” e durare nel tempo, nel rispetto dei principi dell’eco compatibilità. Altra componente fondamentale è l’ergonomia. Sposa le riflessioni rinascimentali, ed in particolar modo i trattati leonardeschi, sulla visione antropocentrica dell’uomo al centro dello spazio. La cucina deve essere pensata come il prolungamento degli arti dell’utente, e non deve essere il contrario.

Nel 2012 pubblica sui più autorevoli quotidiani italiani il suo manifesto, 3 pagine dedicate alla sua visione “per un nuovo Rinascimento italiano”.

Sperimenta, sempre. Con Meccanica, una cucina pensata come un componibile metallico, una struttura intelaiata versatile che ospita contenitori ed elettrodomestici. In Genius Loci il protagonista è il cassetto celato, che sfrutta al massimo lo spazio contenitivo. Un segno orizzontale marcato da finiture o decorazioni artigianali a contrasto rispetto il resto della composizione.
Il tema dell’ergonomia viene estremizzato nella Logica Celata. Una cucina che, una volta terminato l’uso, diventa un prezioso monolite chiuso, utilizzando elementi meccanici e strumenti digitali di alta tecnologia.

Antonio Citterio

Designer ed architetto lombardo, lavora parallelamente nei due ambiti, che spesso si incrociano. Il critico Luigi Prestinenza Puglisi lo descrive così:

“si sente in cuor suo architetto. E, coerentemente, persegue un approccio al design tutto interno alla pratica della costruzione dell’habitat, cioè proiettato più sulla dimensione funzionale e spaziale che su quella artistica o ludica. Insomma, per dirla con una battuta: un design impregnato d’architettura in cui, anche quando si progetta il cucchiaio, si ragiona sulla città”

Negli anni 80 la sua strada professionale si incrocia con il gruppo Mephis e Sottsass ed il gruppo Esprit.
Nel 2000 insieme a Patricia Viel apre uno studio di progettazione multidisciplinare, con sedi a Milano e New York, con un centinaio di dipendenti. Lavora soprattutto sul tema degli ambienti di lavoro, strutture ricettive e spazi di accoglienza di aeroporti.

I suoi riferimenti soln Mies Van Der Rhoe per l’eleganza e lo stile, Herzon & De Meuron per il lavoro sulle superfici ed il ritorno alla semplicità di linguaggio.
Il suo stile minimale non è estremista, ma serve a dare risalto ai dettagli.
Vince il Compasso d’Oro nel 1987 con il rivoluzionario sistema di imbottiti Sity per B&B Italia e nel 1994 con il sistema di cassettiere Mobil per Kartell, grazie all’innovativo uso della materia plastica su una struttura in metallo, adatto a diverse tipologie di ambienti, ancora oggi un bestseller.

“Con Kartell ho potuto fruire del know-how di un’azienda specializzata nello sviluppo e nella produzione di materiali plastici e di lavorare sul disegno e sulla progettazione di arredi ed oggetti per la casa, contribuendo al rilancio di un materiale estremamente contemporaneo.”

Il sodalizio con l‘azienda di Claudio Luti non si interrompe e, dopo tavolo e sedute Spoon, negli ultimi anni la ricerca continua con la famiglia di tavoli Multiplo, con piano in gres e due possibili gambe in alluminio pressofuso, e la Bio Chair, uno dei primi prodotti al mondo ad utilizzare Biodura, un materiale innovativo ricavato da materie prime rinnovabili non coinvolte nella produzione di generi alimentari, che può essere biodegradato.

Carlotta De Bevilacqua

Architetto, Designer, genio nel mondo dell’illuminazione, negli anni 90 inizia il suo sodalizio con Artemide, che dal 2013 dirige insieme al marito Ernesto Gismondi.
Il design per lei è:

“In tre parole: equity, quanto è fatto deve essere pensato per l’uomo; economy, deve stare dentro un sistema in equilibrio; ecology, va pensato in relazione al pianeta”

“ per me design significa migliorare la vita degli altri. Questo si fa attraverso riflessioni sociali sui bisogni, studiando nuove opportunità tecnologiche e, soprattutto, con una presa di posizione quasi politica. Nell’arredo, per esempio, l’introduzione della materia plastica, dei polimeri e della sintesi ha consentito non solo di proteggerci le mani e di non portare secchi pesanti, ma anche di avere la possibilità di sederci e di vivere con intelligenza, a un prezzo accessibile e con una serie di flessibilità.”

Ha ricevuto diversi riconoscimenti internazionali, come l’IF Product Design Award per la lampada Cata, il Red Dot Design Award per Algoritmo e Copernico, ed il Wallpaper Design Award per la Best Transparency per il progetto della lampada Empatia.
La sua ricerca nel design illuminotecnico le ha permesso di introdurre prospettive tecnologiche innovative e scenari inediti sia come esperienza sensoriale che nell’interazione tra comunicazione e informazione. Progettare la luce non significa soltanto progettare il corpo illuminante, ma anche tutte le iterazioni e le sensazioni emotive che ne scaturisce, come una performance sensoriale nello spazio basata sulla presenza emotiva dell’uomo. Lo coinvolge sotto più aspetti: percettivo, comunicativo, emozionale, psicologico e anche fisiologico.

Il led ha cambiato molto il modo di pensare un corpo illuminante, e Copernico rappresenta in questo senso un linguaggio nuovo, che nasce insieme alla nuova tecnologia. Nove ellissi concentriche ed orientabili ricavate da una unica lastra di alluminio supportano un circuito di 384 led, come stelle di una galassia. Così anche per Empatia, dove questa volta la protagonista è la lavorazione del vetro soffiato secondo la tradizione artigianale veneziana. Un diffusore opalino che sfuma sul trasparente a proteggere un sottile cilindro in metacrilato retroilluminato led.

Insieme ai prodotti decorativi, la designer da molta importanza alla componente architetturale, la luce come gesto qualitativo in uno spazio. Un esempio per tutti il sistema Vector, faretti orientabili calamitati ad un binario elettrificato, eleganti, altamente performanti dalle dimensioni ridotte.
Come Together è uno degli ultimi prodotti progettati, una lampada da tavolo dalla forma cilindro-conica, wireless, che riesce a gestire fino a 16 ore di autonomia.

Michele De Lucchi

Poliedrico architetto, designer, artista, Michele de Lucchi è uno di grandi maestri del made in Italy. Direttore della rivista Domus, Insignito della onorificenza di Ufficiale della Repubblica Italiana per meriti nel campo del design e dell’architettura, ha vinto due volte il Compasso d’ Oro. È stato assistente di Natalini, ha lavorato con Sottsass, ed è stato uno dei fondatori dei Memphis. Nel 1990 fonda “Produzione Privata”, un marchio che realizza prodotti con tecniche artigiane, dove può permettersi di sperimentare senza vincoli o dettami imposti.

“Il mio ruolo non è assecondare le richieste, ma mostrare le alternative e rompere la convenzionalità della committenza. Molto spesso chi ci chiede delle cose non sa esattamente cosa vuole, se non come obbiettivo finale, e si aspetta dal progetto proprio un’amplificazione del suo pensiero e dei suoi ragionamenti”.

Come architetto lo ricordiamo per aver progettato il Padiglione Zero all’Expo di Milano, il ponte della Pace a Tbilisi e l’Unicredit Pavillon a Milano.
Per questo auditorium in legno lamellare di larice europeo, De Lucchi realizza anche la seduta, la UniCredit Pavilion Project, reinterpretando in modo molto sofisticato la classica tipologia della sedia da regista, utilizzando le più avanzate tecnologie e la capacità dei mestri ebanisti della falegnameria di Cassina.

“Mi sarebbe sempre piaciuto fare il regista, ma so fare solo le sedie.”

Il suo più importante successo professionale è senza dubbio il progetto della lampada Tolomeo, disegnata con Giancarlo Fassina per Artemide, probabilmente il prodotto di design più diffuso e riconoscibile al mondo. Gli vale il Compasso d’Oro.

“Il meccanismo è nato osservando i pescatori che pescano con la lenza, mi sembrava intelligente che, con un piccolo braccio di leva e un cavo, si potesse sospendere un’asta alla quale attaccare qualche cosa”.

Per Alias realizza la collezione di imbottiti Dehors per esterni ispirata all’irregolarità delle forme vegetali, dove un’intelaiatura metallica irregolare, mossa e fuori dal rigore architettonico, ospita i cuscini di schienale e seduta. Per lo stesso brand, nel 2019 disegna il divano Trigono, che prende il nome dal sistema trilite in legno che sostiene lo schienale. L’immagine è quella di un prodotto più artigianale che industriale, il lavoro sul massello di rovere è attento e puntale. La trave centrale, dello stesso materiale, permette ad un sistema di cinghie di sorreggere i cuscinoni schienale.

Rodolfo Dordoni

Dordoni rientra in quella scuola milanese che ruota attorno a Castiglioni, Zanuso, Magistretti e De Lucchi. È stato Art Director per Artemide, Cappellini, Fontana Arte, Foscarini, Minotti e Roda e ha disegnato per i più importanti brand del settore.
Con Giulio Cappellini progetta nel 1980 la libreria Aliante, per l’omonimo brand. Una coppia di sottili pettini di metallo ancorata a parete sorregge un sistema di mensole in legno.
Per Cassina progetta il Boboli, una collezione di tavoli caratterizzati da un fitto numero di doghe in alluminio verniciato che subiscono una torsione in fase di lavorazione, come fossero steli organici dediti a sorreggere il prezioso top.

Sempre per l’azienda di Meda nel 2019 disegna il DressUp!, una sistema di imbottiti comodissimi e versatili, caratterizzati, oltre che dalla perfetta proporzione delle line, da pince e cerniere che corrono intorno allo schienale-bracciolo che richiamano all’eleganza di un abito sartoriale. Inoltre, sui cuscini della seduta è presente un profilo gros-grain a contrasto.

“Le forme sono l’interpretazione, la materializzazione del carattere: io sono molto razionale, lo sono sempre stato, quindi ho difficoltà a creare oggetti sinuosi, e anche quando lo faccio uso una sinuosità misurata, quasi geometrica, mai organica. Di carattere sono “timido”, direi discreto, e credo che i miei prodotti siano una dimostrazione di questi aspetti. Ognuno disegna, o interpreta quello che disegna, partendo dal proprio carattere, e penso che questa sia la chiave di lettura della razionalità dei miei progetti.”

L’attenzione di Dordoni si concentra anche sull’oggetto più piccolo, quello della quotidianità. Per KNindustrie progetta una serie di tegami e padelle lavorando su una doppia sezione, che permette l’ancoraggio del manico-pinza in metallo o in legno, in qualsiasi punto, in qualsiasi momento. La trasformabilità. Lo stesso coperchio ha un pomolo centrale che permette, se ribaltato, di essere utilizzato come elegante alzatina da centro tavola.

Davide Groppi

Davide Groppi inizia la sua vita lavorativa aprendo un piccolo laboratorio a Piacenza dove realizza manualmente lampade con una forte componente artigianale. Il suo talento è notato da Marilena De Padova che gli commissiona un primo importante lavoro. Nascono, così le prime collaborazioni, oltre che con De Padova con Boffi, Paola Lenti e Christofle.
Davide Groppi utilizza la semplicità, la leggerezza, il mistero e la profondità, ancor prima che il metallo ed il vetro. Troviamo non solo tecnologia, ma anche arte ed artigianato. La fonte ispiratrice è il rapporto tra luce e ombra presente costantemente nelle opere del Caravaggio. E’ la luce quindi ad essere protagonista, ancor più del corpo illuminante che quasi sempre si presenta in forma minima o come un segno grafico. Ne è un chiaro esempio la Masai, un esile e leggero parallelepipedo verticale, ancorato terra-soffitto tramite una coppia di tiranti.

“La luce valorizza angoli nascosti, suggerisce soluzioni impreviste e dettagli dimenticati. Sottrae, crea pieni e vuoti, sottolinea gesti e azioni”

“La luce non è mai neutra, agisce come protagonista indirizzando il corso dei nostri pensieri e delle nostre azioni. Necessaria per illuminare, ma anche per sedurre, dare un senso al mistero, suggerisce metafore e aiuta ad immaginare scenari destinati a diventare il teatro mobile e cangiante della nostra vita”

Due dei suoi progetti più iconici vincono il Compasso d’Oro, la Nulla e la Sampei. La prima è “semplicemente” un faretto ad incasso essenziale alla vista, che cela una tecnologia molto complessa, con un diametro estremamente ridotto, quasi inesistente, ma che riesce ad emettere una luce potente e decisa. La Sampei si ispira alle canne da pesca, il diffusore cilindrico gioca con la forza peso e con le caratteristiche di elasticità del sottilissimo stelo.

«Un filo d’erba che oscilla e si flette sotto il peso dello sguardo. Alla fine, è una canna da pesca».

Davide Groppi predilige la luce sul tavolo, quella degli incontri, delle conversazioni, dei silenzi. La Tetatet, lampada senza fili, è stata pensata con questo spirito. L’ancoraggio magnetico alla base metallica circolare permette eventualmente di nascondere quest’ultima sotto il tovagliato, o di eliminarla del tutto in presenza di piani metallici.

Daniele Lago

Decimo di dieci figli, creativo e visionario, prende le redini dell’azienda di famiglia, legata alla lavorazione ancora molto artigianale del legno. Ne intuisce le potenzialità, la trasforma, stravolge il linguaggio, la amplia. Si avvale oggi di circa 200 dipendenti, molti tra questi formano un dinamico team di marketing e comunicazione. Ma soprattutto riesce a capire l’orientamento del gusto e del mercato, proponendo una serie di collezioni versatili per qualsiasi tipologia abitativa ed in linea con il vivere contemporaneo. Gli arredi hanno un’immagine fresca, leggera, trasversale, ma soprattutto innovativa.
Per primo utilizza il vetro come elemento portante per tavoli, mobili e letti. Il sistema Air coniuga leggerezza con robustezza degli elementi, eleganza e versatilità. Lastre di vetro temperato trasparente si sostituiscono alle rigide gambe o a banali fianchi in truciolare.

Un altro prodotto innovativo è il letto Fluttua. Un pianale poggiato a pavimento con un solo perno centrale sembra quasi “fluttuare” nel vuoto. In realtà una solida struttura nascosta alla vista rende eccezionalmente stabile il letto, ed al contempo attrae stupore e curiosità.
Ogni elemento diventa trasversale, ed abbinabile con il resto dei prodotti in catalogo. Nasce così l’idea di Appartamento Lago, un’abitazione totalmente brandizzata.

“Aprire le case e farle visitare a degli ‘stranieri’ che non sono mai entrati a casa tua implica di per sé un approccio diverso alla vita, la possibilità e l’interesse a conoscere altre persone e allargare la comunicazione. Questo è significativo in un momento storico ricco di flussi migratori in cui si tende a chiudersi anziché ad aprirsi.”

Il mondo Lago gira intorno al modulo 36e8, unità di misura con la quale viene tutto viene calibrato secondo un ordine generale, e premette ai vari sistemi di dialogare fra loro. Nasce così la cucina Air, dove i moduli tradizionali sono sostituiti da quelli del 36e8. Ne scaturiscono forme inedite, non si lavora più sulla classica cucina in linea, ma l’approccio diventa tridimensionale.

Ferruccio Laviani

Laviani ha iniziato la sua carriera nello studio De Lucchi, per poi diventarne partner. Ha avuto come professore Zanuso ed ha progettato insieme a Castiglioni. I suoi committenti sono legati al mondo della moda, del design, dell’automobile. Dal 1991 è direttore artistico di Kartell, ruolo che negli anni ha ricoperto anche per altre aziende. Ma gli sforzi maggiori sono proprio per il brand milanese. Il suo lavoro non si limita al lavoro sul layout aziendale, ma ne progetta gli allestimenti per ogni singolo store e per le expo, ma soprattutto lavora sull’oggetto. Quasi tutti i corpi illuminanti di Kartell portano la sua firma.

“Quando progetto sono sempre abbastanza istintivo. Un luogo, un viaggio, un film, un oggetto che mi affascina possono farmi vedere le cose da un altro punto di vista. Non ho un percorso, una traiettoria precisa. Quello che so con certezza è che una volta individuata l’idea, l’analizzo il più possibile per capirne la validità, dopo di che la affianco a un aspetto più funzionale, formale e professionale e dalla connessione di queste, nasce il progetto.”

Il suo progetto più iconico e riconoscibile è la lampada Bourgie, una rivisitazione del classico oggetto barocco, ma con un materiale inedito per quel periodo, il policarbonato. Spostando il punto d’attacco del cappello, realizzato con effetto plissé è possibile trasformarne l’uso a seconda delle occasioni. Diventa allora la perfetta lampada da scrivania, ma anche come sorgente luminosa da ufficio e compagna di lettura.
Secondo questo spirito reinterpreta anche la lampada da comodino, la Take. Questa volta le dona un linguaggio industriale. L’immagine è quella del calco della lampada, che viene smaterializzata dalla sua forma originale. In seguito realizza una seconda lampada della stessa tipologia, ma senza fili, la Battery.

La Kabuki è invece un lavoro di tipo tridimensionale su una texture avvolgente ispirata al pizzo, che lascia passare la luce dagli interstizi. Un nuovo successo internazionale di vendita senza precedenti.

Sempre per Kartell realizza il museo aziendale nell’headquarter di Noviglio, che lo porta a vincere nel 2000 il Premio Guggenheim Impresa & Cultura, come miglior museo d’impresa. Nel 2019 ha curato e progettato “The Art side of Kartell”, una grande mostra allestita nell’Appartamento dei Principi di Palazzo Reale a Milano. La mostra ideata da Laviani celebra il settantesimo anniversario dell’azienda, con un approccio inedito in cui l’evoluzione del linguaggio dell’arte racconta la storia contemporanea e speculare dell’evoluzione del design di Kartell.

Piero Lissoni

Poliedrico architetto e designer, ha fondato uno studio con più di 70 dipendenti con sede Milano e New York. Ha realizzato moltissimi progetti internazionali, lavora per grandi marchi di design e per alcuni di loro ne è il direttore artistico. Il lavoro della Lissoni & Partners è ispirato da un senso di rigore e semplicità ed è caratterizzato da una spiccata sensibilità al dettaglio, coerenza ed eleganza. I progetti includono inoltre abitazioni e complessi residenziali, uffici, teatri, ristoranti e alberghi, spazi commerciali, allestimenti per mostre, fiere e musei. L’interesse di Lissoni per il mondo dell’arte lo ha portato a disegnare la retrospettiva del fotografo Giovanni Gastel, a cura di Germano Celant, al Palazzo della Ragione (2016), la sala per mostre temporanee al Museo Bagatti Valsecchi, inaugurata con la mostra “Il trittico di Antonello da Messina”(2015) e la mostra su “Bernardino Luini e i suoi Figli” a Palazzo Reale a Milano (2014).

Piero Lissoni ha ricevuto una serie di premi internazionali, tra cui il Good Design Award, il Red Dot Award e il Compasso d’Oro ADI. È membro del consiglio di amministrazione del MAXXI National Museum for the Arts di Roma ed è professore ospite e membro dell’Advisory Board del Politecnico di Milano. È anche membro onorario del Consiglio internazionale di Altagamma.

Per Cassina ha disegnato diverse collezione di imbottiti e complementi di arredo, contraddistinti tutti da una ricerca sulla leggerezza visiva, verso la forma pura ed elegante, con proporzione e all’armonia, come ad esempio il Toot e l’ “8”. Entrambi ben sospesi da terra grazie ad esili estrusi di alluminio, con uno schienale che incornicia con decisione e rigore il perimetro del divano, ed un confort ben studiato.
Il contenitore Lochness di Cappellini riflette queste scelte stilistiche, caratterizzato da spessori sottili che rendono estremamente grafica la sua linea, enfatizzata nel suo sviluppo orizzontale. Lochness esprime al meglio l’incontro di tecnologia e saper fare artigianale, tipici dei prodotti italiani di alto pregio.

Leggerezza è il tema ridondante, sul quale è stata studiata la poltroncina con braccioli Piuma, per Kartell. Lo sforzo è stato avere il minore peso possibile, massima robustezza, lavorando sulla sezione (massimo 2mm) e sulle caratteristiche meccaniche del materiale, un polimero termoplastico complesso caricato con fibre di carbonio. 2,2kg che sono valsi il Red Dot Award:Best of the Best Product Design 2017.

Alberto Meda

La sua formazione, e di conseguenza il suo stile, è legato agli studi di ingegneria meccanica al Politecnico di Milano, del quale è stato anche docente. Nel 1973 è stato direttore tecnico per lo sviluppo del prodotto in Kartell. Ha vinto ben 6 Compasso d’Oro di cui 3 per i corpi illuminanti disegnati per Luceplan, ed uno nel 2011 per il tavolo da esterni Teak di Alias. Il progetto è l’evoluzione della collezione Frame, una famiglia di tavoli e sedie di enorme successo internazionale realizzati con estrusi e pressofusione di alluminio, dalle forme organiche. Le sedute sono caratterizzate da uno schienale-seduta continuo in rete di pvc, che garantisce estremo confort e leggerezza.

A questo approccio estetico quanto tecnologico al progetto è legato il sodalizio con l’azienda bergamasca, sin dal1987, quando disegna Dry, un tavolo dove un piano in cristallo trasparente enfatizza tutta l’attenzione sulla struttura in alluminio, leggera, organica, essenziale. Attuale ancora oggi, infatti nel 2019 è stato reintrodotto in catalogo.
Data l’esperienza in campo illuminotecnico, la Kartell chiama “l’ingegnere del design”, insieme al figlio Francesco, per disegnare una lampada da tavolo in policarbonato. Le due anime di alluminio anodizzato inserite nei bracci di materiale plastico assolvono alla funzione di conduttori elettrici, sostituendo i cavi. Il diffusore ha due possibili soluzioni, uno piatto a “disco”, uno a forma trono-conica, a richiamare l’idea di “abat jour”.

“ È il sapere contenuto nella materia a ispirare un’idea. Si tratta di riconoscerlo, declinarlo e applicarlo, rivelandone l’intelligenza.”

Dal 1994 il MOMA-Museum of Modern Art di New York include nella Design Collection le sedie “Light light” 1987 e “Soft light”1989 “Longframe” 1991 di Alias.

Paola Navone

Paola Navone è una cittadina del mondo, e la curiosità nell’esplorazione, le suggestioni dei suoi viaggi sono leggibili nei suoi progetti. La sua continua sete di ricerca la pone in una posizione di avanguardia, seguendo con invidiabile energia la rischiosa strada della sperimentazione. Subito dopo la laurea si trasferisce in Africa dove collabora alle ricerche su varie etnie. Lavora con il gruppo Alchimia, insieme a nomi del calibro di Alessandro Mendini, Ettore Sottsass ed Andrea Branzi.

“Alessandro Guerriero ha inventato Alchimia mettendo insieme questo gruppo di “sfigati” arrivati a Milano dalla Toscana e che facevano cose nuove e diverse. La mia tesi di laurea è stata su questi personaggi, che concentravano la loro produzione più sugli oggetti di design piuttosto che sull’edilizia. Così mi sono unita a loro: erano gli incredibili anni Ottanta”.

Vive in Oriente: India, Indonesia, Thailandia, Vietnam, Cina, Filippine. Scopre mondi nuovi, capaci di creare cose inaspettate. Raccoglie suggestioni e le rielabora condendole con i gusti e le forme della cultura occidentale.

“Da appassionata di riciclo do sempre una seconda chance agli oggetti per farli rivivere una seconda volta”

Nell’83 vince l’International Design Award di Osaka e nel 2000 è stata nominata “Designer dell’Anno” dalla prestigiosa rivista tedesca Architektur & Wohnen. Vince con 2 progetti l’Elle Deco International Design Awards. Nel 2014 riceve dalla rivista Interior Design Magazine la prestigiosa nomina che la consacra nella Hall of Fame del Design.
Per Cappellini disegna il Panda Sofa, un sistema di imbottiti aggregabili, rappresentati da volumi pieni e caratterizzati dai profili a contrasto. Quello che arricchisce è il racconto, il prodotto presentato con il suo mondo di complementi fatto da tavolini a pois e dai piedi eccentrici ed un panda gigantesco come lampada da terra.

Luca Nichetto

Luca Nichetto riesce a coniugare la sua anima da designer italiano con una visione internazionale, molto legata ai cambiamenti sociali e con una forte influenza del design scandinavo.

Nato e cresciuto a Murano, non ha mai abbandonato l’intuizione e l’arte del vetro che fin da bambino ha respirato e conosciuto. Si laurea alla IUAV di Venezia e nel 2011 decide di avviare una nuova attività professionale a Stoccolma, in Svezia, dove si trasferisce per amore.

“Penso che l’impulso creativo sia legato più alla curiosità della persona e che una delle doti principali per un designer sia quella di essere curioso. La curiosità ti porta ad esplorare diverse situazioni per cambiare la tua visione delle cose e più è grande il tuo background culturale più è facile attingere ad ispirazioni diverse per creare qualcosa che possa soddisfare le esigenze del progetto.”

Inizia una collaborazione con Cassina, per la quale propone una serie di progetti legati alle suggestioni provenienti dalla cultura giapponesi. Prima con la seduta Motek, che ricorda le pieghe degli origami, poi con la collezione di tavolini Torei, il cui nome significa “vassoio”. In questo caso il riferimento è il “bento” il contenitore per il cibo da asporto nipponico. I piani di questi tavolini, sostenuti da una struttura davvero esile in tondini metallici verniciati, sono realizzati in legno (o marmo) e scavati nel massello per contenere piuttosto che poggiare.

Fabio Novembre

Pugliese ma milanese di adozione, Fabio Novembre è un progettista, un designer, un esteta, particolarmente eclettico e creativo. Predilige l’interdisciplinarità, con l’obiettivo di cercare di immaginare mondi nuovi. Lo stile è sempre deciso, provocatorio ed innovatore, di grande impatto e fonte di estrema suggestione. Il suo racconto è tridimensionale, ricco di spazi quasi fatati, dalle forme nuove e avvolgenti.

“Ritaglio spazi nel vuoto gonfiando bolle d’aria e regalo spilli appuntiti per non darmi troppe arie. I miei polmoni sono impregnati del profumo dei luoghi che ho respirato e quando vado in iperventilazione è soltanto per poi starmene un po’ in apnea. Come polline mi lascio trasportare dal vento convinto di poter sedurre tutto ciò che mi circonda. Voglio respirare fino a soffocare. Voglio amare fino a morire.”

Ha curato moltissimi allestimenti, tra cui gli show room per Bisazza nel mondo, la sua personale alla Triennale, gli interni del Padiglione Italia dell’Expo di Shanghai.
Uno spirito così vulcanico non poteva passare inosservato a Giulio Cappellini, che gli commissiona diversi progetti, come il divano And, un arco modulare che disegna e caratterizza fortemente lo spazio, come un loop ridondante.

Org è quasi un gioco di prestigio. Una serie di tavoli in cristallo trasparente, con una miriade si corde sottostanti che pendono senza poggiare e lo rendono quasi fluttuante. I pochi elementi strutturali sono nascosti all’interno di alcuni cavi.
Per Kartell pensa ad una lampada senza fili richiamando le antiche lanterne. Lantern è un solido trasparente con le facce plissettate, realizzato con uno stampo ad iniezione di PMMA, con una sorgente led all’interno ed un anello superiore per la presa o l’ancoraggio.

Ludovica e Roberto Palomba

Ludovica Serafini e Roberto Palomba nel 1994 fondano a Milano lo studio omonimo. Progettano architetture ed esposizioni in tutto il mondo e collaborano con alcuni dei marchi più affermati del mondo dell’industrial design.

Sono oggi tra i progettisti più ricercati, grazie alla capacità di affiancare ad una vasta conoscenza delle diverse sfaccettature del design, un’attenta analisi dei bisogni della società contemporanea e quindi dell’utente. Il risultato è un prodotto sempre originale, distante dall’uniformità del contemporaneo e caratterizzato da un’eleganza senza tempo.

“lavorare in squadra, creare team di lavoro con diverse competenze, in cui il progettista è una sorta di direttore d’orchestra, che coordina e dirige, assumendosi la responsabilità della riuscita del progetto. Senza un buon direttore d’orchestra, infatti, le note, seppure bellissime, rimarrebbero senza significato.”

Hanno ricevuto numerosi premi e riconoscimenti internazionali tra cui Compasso d’oro ADI nel 2011 per il lavabo Lab di Kos, Elle Decoration International Design Award, Design Plus, Good Design Award, Red Dot, German Design Award. Nel 2010 alcuni dei loro prodotti sono stati esposti durante la mostra “Quali cose siamo”, curata da Alessandro Mendini presso il Triennale Design Museum della Triennale di Milano.
Disegnano la poltroncina Be Bop per Kartell, frutto di una confluenza di stili e linguaggi da diverse parti del mondo, amalgamati in una composizione armonica quanto vibrante, come accade nel Jazz.

Continuano le suggestioni etniche, Tribù è una collezione di tappeti per CC-Tapis che gioca attraverso l’accostamento di filamenti di colori, tessuti e materiali, evocando memorie di culture tribali.
Aluzen per Alias non è solo un divano, ma un’isola dove l’uomo è l’elemento centrico. È un sistema di imbottiti dalla profondità generosa, come dei materassi per la meditazione zen estremamente comodi poggiati su un pianale dove è possibile ancorare accessori di servizio.
Non si limitano solo agli arredi, per Artemide pensano ad una famiglia di lampade dalla forma organica, sottile, più vicina ad un gesto d’arte che ad un mero elemento di illuminazione. Ogni elemento curvato in alluminio ospita una fascia led che proietta luce verso il vuoto interno disegnato dalla struttura.